La realtà delle comunità terapeutiche e in particolare i percorsi dei pazienti soggetti a restrizioni giudiziarie sono (o potrebbero essere) un po’ diverse di quanto descritto. Il clima è senz’altro quello, le relazioni che si creano sono molto intense, sia quelle tra pazienti che quelle col personale, che spesso si prodiga anche oltre quanto strettamente dovuto; anche le attività sono ben rappresentate. Ma le regole (per quanto possano variare da struttura a struttura) sono molto più rigide:
denaro e cellulari in genere non circolano liberamente, ma sono custoditi dal personale e utilizzati sotto sorveglianza; i farmaci non sono distribuiti negli spazi comuni, dove possono essere scambiati come caramelle, ma in infermeria, dove i pazienti entrano uno alla volta e si controlla che ciascuno assuma i suoi; se ci fosse una cantina con del vino sarebbe accuratamente sotto chiave e non basterebbe creare un diversivo per entrarvi; eccetera, eccetera.
E in caso di fuga, in particolare di chi ha misure giudiziarie, si avvisano immediatamente autorità competenti e forze dell’ordine, qualsiasi operatore è tenuto a farlo subito, non si aspetta certo di riunirsi per discuterne! Anche volendo fare uno strappo alla regola, si potrebbe al massimo aspettare mezz’ora per cercarli nelle vicinanze, ma non trovandoli scatterebbe immediatamente l’allarme. E a cercare i fuggitivi sarebbero polizia e carabinieri, non il personale della struttura, in piena notte, a 100 km di distanza!
Però soffrono proprio così. Hanno quegli occhi, quei volti, quel dolore, quelle storie.
Come è emerso durante il dibattito con Petacco e con la d.ssa Milani il film si è preso alcune licenze, ma questo non modifica il giudizio assolutamente positivo.
Il cinema resta un arte per cui è assolutamente legittimo da parte del regista impiegare fantasia, invenzione, creatività ed immaginazione.
Se uno ricerca la precisione tecnica non guarda un film, ma guarda un documentario su Discovery channel.
Flavio
denaro e cellulari in genere non circolano liberamente, ma sono custoditi dal personale e utilizzati sotto sorveglianza; i farmaci non sono distribuiti negli spazi comuni, dove possono essere scambiati come caramelle, ma in infermeria, dove i pazienti entrano uno alla volta e si controlla che ciascuno assuma i suoi; se ci fosse una cantina con del vino sarebbe accuratamente sotto chiave e non basterebbe creare un diversivo per entrarvi; eccetera, eccetera.
E in caso di fuga, in particolare di chi ha misure giudiziarie, si avvisano immediatamente autorità competenti e forze dell’ordine, qualsiasi operatore è tenuto a farlo subito, non si aspetta certo di riunirsi per discuterne! Anche volendo fare uno strappo alla regola, si potrebbe al massimo aspettare mezz’ora per cercarli nelle vicinanze, ma non trovandoli scatterebbe immediatamente l’allarme. E a cercare i fuggitivi sarebbero polizia e carabinieri, non il personale della struttura, in piena notte, a 100 km di distanza!
Però soffrono proprio così. Hanno quegli occhi, quei volti, quel dolore, quelle storie.
Come è emerso durante il dibattito con Petacco e con la d.ssa Milani il film si è preso alcune licenze, ma questo non modifica il giudizio assolutamente positivo.
Il cinema resta un arte per cui è assolutamente legittimo da parte del regista impiegare fantasia, invenzione, creatività ed immaginazione.
Se uno ricerca la precisione tecnica non guarda un film, ma guarda un documentario su Discovery channel.
Flavio