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La dimensione umana della malattia


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Qualche mia riflessione

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1Qualche mia riflessione Empty Qualche mia riflessione Mer Nov 16, 2016 11:01 pm

Flavio Cattani

Flavio Cattani
Admin

Il film ci fa vedere, un passo dopo l’altro, una caduta vertiginosa verso l’abisso della perdita di sé. Ogni passo è un frammento di memoria o di capacità connettiva che si smarrisce e noi assistiamo allo sconcerto, l’incredulità, poi la certezza, la speranza nelle cure per arrestare o rallentare il deterioramento, il senso di colpa per aver tramandato ai figli e forse anche ai nipoti un patrimonio genetico imperfetto.
E’ un beffa l’ereditarietà, col conseguente irrazionale senso di colpa di una madre che teme di aver condannato la propria discendenza.


Durante la discussione finale con Petacco di è discusso del comportamento del marito (giudicato negativamente).
Ho provato la stessa fitta al cuore del marito quando Alice lotta per vestirsi scoprendo che non ce la fa.


L'Alzheimer mi fa paura, una paura immensa. Forse è, in assoluto, la malattia che più mi terrorizza. Anch'io la penso come Alice: forse un cancro è meglio. Il cancro ti lascia solo due strade: o ti curi e guarisci, vivendo una vita normale una volta fuori dal tunnel, oppure muori. Non ha l'opzione che è parte stessa dell'Alzheimer, non ti lascia una vita di cui non sei più minimamente padrone, non ti lascia un'esistenza dove non ricordi più neanche le persone che hai generato, non ti lascia sopravvivere con accanto qualcuno che deve controllare ogni tuo gesto, perché non si sa più quello che potresti fare.

Scopo del film è raccontarci, farci capire, farci ricordare.
E anche raccomandarci di gustare ciò che abbiamo finché l'abbiamo, perché nulla garantisce che domani sarà ancora lì. Potremmo anche non ricordarlo più.


La potenziale commozione c'è in più punti, anche se non è mai volutamente cercata: l'impressione è addirittura che in certi punti si stia assistendo a una sorta di documentario, scelta che qualcuno potrebbe definire asettica ma che invece ho trovato azzeccata.
Non c'è bisogno di rendere ancora più drammatico qualcosa che, di suo, già lo è a sufficienza: quel che c'è bisogno è di capire, comprendere, imparare.
E ricordare che la donna alla fine del film, sebbene diversa, è ancora la madre e la moglie di chi le sta accanto.
È cambiata e lei stessa non sa quanto, ma è sempre Alice. È ancora Alice.
Still Alice, dove “still”  in inglese  è un avverbio che può tradursi come “Ancora Alice, Sempre Alice, Continuamente Alice”

Flavio

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