Apro volentieri la discussione. Anch’io, come molti di voi, ho tempi di elaborazione più lenti. Vorrei intervenire subito al dibattito, ma un po’ per timidezza, un po’ perché devo “metabolizzare” e riflettere sulle mie reazioni, preferisco rifletterci su.
Il film è uno straordinario affresco di una società cinica e disillusa ove il denaro ha pervaso tutto e contaminato le coscienze. Ognuno persegue più o meno cinicamente i propri obiettivi, perso nei propri pensieri, noncurante delle vite che gli passano accanto. E’ una solitudine esistenziale anestetizzata dalla ricchezza, dall’ostentazione, dall’apparenza, dal potere.
Tutto è una grande allegoria alla falsità umana. L’amara conclusione del film è che la vita umana è una merce traducibile in denaro: vale più oppure meno a seconda delle possibilità di guadagno delle persone nell’arco della loro vita. La vita di ognuno di noi non è altro che merce di scambio, del Capitale Umano per l'appunto.
Con lo stratagemma poi del film ad episodi, il regista non fa altro che ripercorrere a ritroso lo stesso episodio, visto però dai differenti punti di vista dei relativi protagonisti. Capitolo primo: Dino (Bentivoglio) un immobiliarista medio borghese che cade, come pinocchio col gatto e la volpe, nel tranello dell'albero delle monete d'oro. Capitolo secondo: Carla, con una Bruni Tedeschi ad interpretare una ex attrice sensibile e dolcissima, ma viziata e mobbizzata dal marito dominante, e stressata dal ritmo incessante dei suoi impegni quotidiani. Stupende le scene della bulimica routine dello shopping compulsivo (nell'ordine: la manicure, pilates, yoga, le scarpe, le tende, l'antiquariato, il restauro ed il rilancio di un vecchio teatro destinato alla demolizione. Valeria Bruni Tedeschi interpreta un personaggio che mette veramente tanta tristezza, perchè incarna lo stereotipo della borghese arricchita che si è sposata con un uomo molto potente e questo le ha praticamente distrutto ogni ambizione e sogno, finendo per farla impelagare in una vita grigia e monotona.