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La dimensione umana della malattia


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LA MIA VITA SENZA ME

2 partecipanti

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1LA MIA VITA SENZA ME Empty LA MIA VITA SENZA ME Mer Feb 25, 2009 2:40 pm

Flavio Cattani

Flavio Cattani
Admin

LA MIA VITA SENZA ME Cooper10

Apro volentieri la discussione. Anch’io, come molti di voi, ho tempi di elaborazione più lenti. Vorrei intervenire subito al dibattito, ma un po’ per timidezza,
un po’ perché devo “metabolizzare” e riflettere sulle mie reazioni, preferisco rifletterci su.
Il film mi è molto piaciuto. E’ una storia che riesce a far commuovere ma senza mai scendere nel patetico. Mi è parso un film che sa essere coinvingente e che fa riflettere sulla vita e sulle energie che sprechiamo ogni giorno per cose inutili. Quella che la regista Isabel Coixet fa vivere ad Ann è una vita apparentemente come tante: un marito pieno di attenzioni nei suoi confronti, due splendide bambine che lei ama profondamente, i problemi di arrivare a fine mese con il suo solo stipendio,....
Ma in un particolare differisce dalle altre vite: la sua, è “senza di lei”. La sua esistenza è sempre stata segnata da un’infanzia difficile, dall’assenza del padre, che è in carcere da quando lei era ancora una bambina, dalle continue lotte con la madre, in un vortice di amore ed incomprensioni, da un lavoro poco gratificante all’Università di Vancouver, che avrebbe voluto frequentare come tante ragazze della sua età. Ma ancor più difficile per lei è dover custodire un segreto, il più grande della sua vita. Le è stata diagnosticata una malattia mortale, che la porterà a svolgere un percorso esistenziale pieno di dolore e di voglia di vivere, a scegliere di non dire a nessuno dei due mesi di vita che le rimangono, a cercare di vivere al meglio tutti gli istanti che le vengono donati. E allora decide di amare la vita,di amarla come forse non aveva avuto la possibilità di fare fino a quel momento. Decide di affiancare alla sua storia d’amore, la passione per Lee, conosciuto per caso ma diventato poi un compagno fondamentale nel suo viaggio verso la morte. Non sono scelte di vita facili quelle che la regista propone in questo film. È come se volesse dimostrare che la voglia di vivere che tutti noi portiamo nell’intimo, è spesso oscurata dalla monotonia e dalla quotidianità, che riempiono le nostre giornate, ma lasciano un vuoto incolmabile dentro: vuoto che Ann riesce a colmare vivendo ogni attimo come se fosse l’ultimo… Ottime le performance degli attori, così come le riprese, che attraverso la tecnica della macchina a spalla, riescono a giungere sino all’animo e ai pensieri più nascosti dei personaggi.
Secondo me questo non è affatto un film sulla morte, bensì un film sulla vita. La protagonista, prima di conoscere il suo male, "sopravviveva" a tutto quello che le passava davanti e non rifletteva su quello che le sue scelte avrebbero implicato. Quando si rende conto di avere così poco tempo ancora, decide di cambiare le carte in tavola e di "vivere" tutto ciò che ancora non aveva vissuto. Decide di pensare a ciò a cui non aveva ancora pensato. Prima di andarsene via, però, come sarebbe bello fare tutto quel che non si è fatto nei precedenti ventitré anni. E dunque si fa le unghie dall’estetista, registra nastri per i compleanni delle figlie fino a diciotto anni, va a trovare il padre galeotto, si (r)innamora.
E, quando capisce davvero che cosa è vivere, solo allora soffre davvero per la propria morte e si libera in un pianto sincero e lacerante, tutto il contrario delle due o tre lacrime versate in presenza del dottore che le annunciava la sua triste sorte all'inizio del film. Un film intenso e vero, che ci fa capire quanto valga ogni singolo granello della nostra vita.
L'importanza della vita: spesso non è facile rendersene conto. Il piacere di gustare le cose. Non si assapora piu' il gusto di ciò che ci circonda. La morte è un tema che ci fa riflettere moltissimo. La consapevolezza che un domani scompariremo dovrebbe portarci a vivere la vita con maggiore profondità, non bruciando le tappe ma riflettendo in modo da far si che questo grande regalo che avrà una fine possa essere vissuto intensamente.
Ma Ann non si chiede mai “perché proprio a me?”, ma cerca di andare oltre.
Ci sono state una manciata di scene memorabili: Polley e Ruffalo che ascoltano “Senza fine” in macchina; ancora “Senza fine” al supermercato; la straziante registrazione degli auguri di compleanno; il racconto fuori campo dell’altra Ann.
Il messaggio del film, secondo me, è un vero e profondo inno alla vita.

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2LA MIA VITA SENZA ME Empty Re: LA MIA VITA SENZA ME Gio Feb 26, 2009 8:56 pm

Flavio Cattani

Flavio Cattani
Admin

MESSAGGIO DI RICCI NADIA

Bellissimo film contenuti molto toccanti, ma non patetici ,anche se non si puo'negare una grande sofferenza durante la visione,ci sono dei fotogrammi dove compare un tizio che fa suonare dei bicchieri contenenti vari liquidi posti su un tavolo,non sono riuscita a dare un'interpretazione a questo "messaggio", se qualcuno puo' aiutarmi.ciao

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3LA MIA VITA SENZA ME Empty Re: LA MIA VITA SENZA ME Ven Feb 27, 2009 2:51 pm

Simona Giannecchini



Devo ammettere che il film ha attivato in me tutta una serie di difese... non ne ho voluto parlare e mi ci sono voluti 2 giorni prima di trovare le parole per scrivere questo post...

Una cosa che mi ha colpito tantissimo è che il nostro dibattito post visione ha mostrato una platea divisa fra due posizioni opposte:
- da una parte si vedeva nella scelta della protagonista è un atto egoistico e dall'altra un atto di amore estremo.
- da una parte la sua scelta veniva considerata il frutto di una negazione totale della morte e dall'altra il frutto della consapevolezza di voler provare tutto quello che fino ad allora non aveva provato... e così via...
Questo mi ha fatto pensare che il film lo possiamo leggere in due modi:
1) una lettura letterale e sequenziale della trama
2) una lettura all'incontrario dove il presente, in realtà, parte da quell'ultima scena dove Ann elenca una serie di preghiere sul futuro senza di lei (da cui potrebbe derivare il titolo)...
La prima lettura porta alla visione che ci ha descritto anche il dr. Cattani, e che condivido... ma la seconda ci porta ad interpretare tutto il film come una rappresentazione fantasmatica messa in atto dalla mente sotto farmaci della paziente per difendersi dall'impossibilità di morire a 23 anni!!!
Ci sono degli elementi che, in effetti, indicano questa seconda possibile lettura e, primo fra tutti, l'eccessiva idealizzazione di tutto quello che viene rappresentato: non compare mai una lite, sono sempre tutti sorridenti in questa famigliola dove la madre lavore DI NOTTE, il padre è spesso DISOCCUPATO, costretta a vivere in quattro in una roulotte. Eppure vediamo solo coccole, favole e frittelle!!!
Anche il rapporto con il medico è troppo perfetto per essere vero! Bello, sono d'accordo, ma davvero riteniamo possibile che un oncologo si prenda carico fino a quel punto di tutti i suoi pazienti? Avrebbe ancora tempo per fare il suo lavoro se dovesse spedire le cassette (o simile) di tutti?
E il rapporto con i genitori? La madre è una completa egocentrica, il padre è in galera da 10 anni... e quando Ann va a trovarlo la visita si svolge in completa calma e armonia...
Non da ultimo, colpisce il fatto che Ann compili una lista di cose da fare prima di morire e che riesca a realizzarle TUTTE, compreso trovare un uomo da far innamorare... E' davvero incredibile!
E poi ogni tanto compare l'uomo con i bicchieri... cosa c'entra? come giustamente si chiede Nadia... Che sia un elemento di realtà, che ogni tanto emerge dal pensiero allucinatorio di Ann, messo proprio per farci distinguere reltà da fantasia?
E quale sarebbe la realtà?
In questa seconda interpretazione tutto il film, forse, rappresenterebbe il percorso che la mente di Ann fa per prepararsi all'evento a cui è condannata... un percorso in cui ogni personaggio incontrato è, in realtà, una parte di se stessa, con cui Ann dialoga, si confronta... un percorso che si conclude con il pianto profondo che lei vive soprattutto attraverso il dolore dell'amante, cioè grazie a questa trasposizione in terza persona...
... un percorso che, mostrandoci il vissuto dall'interno della paziente, ci fa giustamente riflettere su quanto sia difficile per il malato vivere la sua malattia e sulle responsabiltà che noi operatori abbiamo nell'accompagnarlo passo dopo passo, in sinergia gli uni con gli altri!
Grazie
Simona

http://www.psicologiaecounseling.blogspot.com/

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